La mia fallimentare esperienza di 7 giorni di ritiro in una darkroom

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Sin da quando mi sono interessato all’Ayahuasca ho trovato articoli e ritiri organizzati riguardo alle darkroom o camere oscure. Non si tratta di luoghi dove si sviluppano fotografie, ma di stanze totalmente al buio in cui fare esperienze di meditazione. Una pratica antica, attestata in molte tradizioni spirituali, anche quella cristiana: rinchiudersi in una grotta al buio per svariati giorni in preghiera o meditazione. Questo perché il buio ti costringe a dimenticarti dello spazio, del tempo, del corpo, del resto del mondo e ti spinge a dedicarti solo a te stesso, ai movimenti della tua mente e del tuo inconscio. I ritiri che avevo trovato organizzati in varie parti del mondo erano tutti estremamente costosi, quindi non mi ero mai avventurato a farli. Poi per caso, mentre cercavo un detox retreat (esperienza che ho descritto qua) me n’è apparso uno con un prezzo abbordabile nello stesso posto in cui ho fatto il detox: Koh Phangan, Thailandia.

Il buio

Perché l’oscurità? Perché non semplicemente ritirarsi in solitudine sulle montagne per un po’ dedicandosi alla meditazione, al contatto con la natura e alla vita semplice? I motivi sono molteplici ma si possono riassumere in poche parole: ghiandola pineale e DMT. La ghiandola pineale (o epifisi) è situata al centro del cervello, più o meno all’altezza delle sopracciglia, ed è una ghiandola di cui si sa ancora poco. Produce melatonina ed è quindi fotosensibile: con la luce del giorno sveglia il corpo e la mente mentre con il buio li fa dormire. Recentemente è stato scoperto che non si limita a questo ma è anche capace di produrre DMT, ovvero Dimetiltriptamina. Si tratta di una sostanza altamente allucinogena che si trova in varie piante e che viene usata dagli sciamani amazzonici che la preparano nella bevanda chiamata Ayahuasca. Si dice che la pineale la produca durante la nascita, durante la morte e in particolari stati di meditazione, trance, sogni lucidi. Recenti studi hanno constatato che la lunga esposizione del corpo alla totale oscurità (e deve essere proprio totale) porta la pineale a produrre DMT. Cosa che gli asceti avevano capito in maniera intuitiva.

Jyotishmati: la notte

“Le cose reali nel buio non sembrano più reali dei sogni.”

Murasaki Shikibu

L’oscurità

In sanscrito la parola jyotis significa luce: del sole, del fuoco, divina, etc. La parola oscurità più usata è tamas (che si trova anche in riferimento ai tre gunas dell’ayurveda). Per indicare un cielo notturno stellato si usa invece jyotishmati: questo termine si riferisce anche alla quiete raggiunta nello yoga tramite la meditazione e la soppressione delle modificazioni della mente (vedere qua per un articolo approfondito a riguardo). La notte è il “mezzo” grazie al quale si vedono le stelle.  Questo anche a livello mistico-spirituale. In tutte le tradizioni religiose c’è una parte mistica che “venera” l’oscurità e che prevede pratica di preghiera/meditazione al buio.

La mistica

Basti vedere santi come San Francesco e visitare le grotte in cui soleva ritirarsi (e come lui centinaia di altri mistici cristiani, a partire dai padri del deserto); il buio si ritrova anche nei Sufi islamici con il concetto di Dhat, “essenza immutabile che crea” e che rende possibile l’esistenza della luce stessa. Ma Dhat è anche la solitudine della pace mentale. Nel taoismo si dice che il Dao luminoso è come l’oscurità; nell’induismo i rituali tantrici venivano praticati di notte nei cimiteri e i santoni si ritiravano a vivere e pregare in grotte buie; nel buddismo Shingon giapponese le iniziazioni avvengono al buio. Mi fermo qua, perché le citazioni sarebbero infinite.

Fear of the dark

Perché il buio attrae e spaventa così tanto la natura umana? Probabilmente il motivo è da riscontrare sugli effetti psico-fisici che l’oscurità ha sul corpo e sulla mente. Innanzitutto, il senso dell’equilibrio perde i suoi riferimenti ottici. Provate a fare una posizione yoga di equilibrio come vrikshasana (l’albero) al buio (ma basta farla con gli occhi chiusi per sperimentarne la difficoltà). Per contro si acuiscono altri sensi come il tatto e l’udito, quindi siamo più percettivi. La mente perde la cognizione della realtà, dello scorrere del tempo e il corpo sente la mancanza del riferimento spaziale, che viene dato solo dal pavimento. Questo status fa sì che il cervello vada in tilt e la mente, per non perdersi, comincia a generare immagini sempre più vivide e reali. Ma non si tratta di allucinazioni, bensì dei movimenti dell’inconscio che cominciano ad affiorare nel conscio. Tali visioni possono essere terrificanti ma dipende esclusivamente da ciò che abbiamo messo nel serbatoio del subconscio…

Chimica del buio

La ghiandola pineale viene spesso definita “terzo occhio”. Questo perché è fotosensibile come gli occhi, ma non solo, perché grazie a essa si “vedono” i sogni. Secondo svariati studi, ma soprattutto quelli di Mantak Chia, la pineale produce grandi quantità di melatonina principalmente al buio totale. Oltre a questa, viene prodotta anche la serotonina. Dopo circa 3 giorni in assenza di luce, la ghiandola comincia a produrre un’altra sostanza chiamata pinolina, che permette esperienze di sogni lucidi e visioni, questo fino al quinto giorno. Dal sesto in poi la pineale inizia a secernere la famigerata DMT (dimetiltriptamina), la cosiddetta “molecola dello spirito” che permette le famose “allucinazioni” che si sperimentano con l’Ayahuasca. Questo è ciò che succede chimicamente durante una prolungata esposizione all’oscurità.

Ghiandola pineale e Occhio di Horus
Ghiandola pineale e Occhio di Horus

La mia esperienza pregressa con l’oscurità

Devo dire che mi ritengo molto fortunato a riguardo. Nella casa in cui sono cresciuto (da quando avevo 5 anni fino ai 23, non ricordo come fosse la mia stanza nella casa precedente riguardo al buio) avevamo dei rotolanti che creavano un buio totale. Io da quando ho 5 anni (e magari pure prima) ho sempre dormito nell’oscurità assoluta. Anche la mattina quando mi svegliavo era sempre buio, non si vedeva un filo di luce. A causa di ciò, per anni ho avuto difficoltà a dormire in posti dove invece c’erano delle luci, per quanto soffuse, siano state esse naturali o artificiali (pure la spia della televisione o di altri apparecchi elettronici mi impediva di dormire). Inoltre ho scoperto anni fa, grazie a una mia ex, che quando dormo i miei occhi non si serrano completamente, rimane come un piccolo spiraglio: questo fa sì che appena c’è una luce io la percepisca subito. Negli anni, poi, mi sono abituato a dormire in qualsiasi condizione (più o meno) ma tendo a prediligere il buio totale.

Anche io, come tutti i bambini, ho avuto paura del buio e dormire in una stanza completamente oscura non aiuta di certo. Dividendo la stanza con mio fratello, però, per quanto ci odiavamo, mi aiutava a rassicurarmi. Non sono mancati i momenti in cui ero da solo e sono state tante le volte che sentivo delle presenze nel buio. Poi accendevo la luce e non vedevo nessuno… Perché ritengo questo aneddoto importante? Perché gli esperti di DMT dicono che sia fondamentale dormire al buio totale per facilitare il lavoro della ghiandola pineale. Se ci si abitua a coricarsi nell’oscurità totale, i nostri sogni saranno più vividi, sarà più facile ricordarseli al risveglio e l’esperienza dei sogni lucidi sarà agevolata. Ricordiamoci, infine, che saremo costretti a passare il resto della nostra esistenza, dopo la morte, in una cassa di legno completamente buia…

Dark Retreat Earth Domes

“Chi sei tu che avvolto nella notte inciampi nei miei più reconditi pensieri?”

Giulietta e Romeo, Shakespeare

Il centro

Dark Retreat Earth Domes a Koh Phangan è un luogo costruito dal francese Hubert Huot che si fa chiamare Santosh (perché si sa, se sei un fricchettone e non cambi nome non sei figo) una decina di anni fa. Santosh ha iniziato a meditare a 21 anni in India grazie alla meditazione vipassana. Ha poi sperimentato varie forme di spiritualità come l’Hatha Yoga, il tantra, il vedanta, il buddismo e l’esoterismo occidentale (?). Quando ha scoperto l’esistenza delle darkroom nella tradizione tibetana, se ne è innamorato e dopo qualche esperienza ha deciso di costruire le sue darkroom a Koh Phangan. Il centro si trova non lontano a Srithanu, dentro la giungla ma troppo vicino alla strada per i miei gusti (quando sei nella darkroom senti macchine e motorini passare, anche se non sono frequenti).

Le darkroom sono due, una più grande e una più piccola (quella più grande costa di più) e sono costruite secondo il principio dell’earth dome, ovvero utilizzando sacchi pieni di terra, generando un edificio circolare e che mentre si eleva si restringe e crea una cupola. La struttura è così autoportante. Prenotare una darkroom da Santosh non è semplice perché è spesso occupata. Oltre a questo, il francese ha altri edifici “normali” che affitta a fricchettoni come lui.

Dome piccolo
Dome piccolo
Dome grande
Dome grande

Primi “problemi”

Il rapporto fra me e Santosh è iniziato subito male. Quando l’ho contattato per avere informazioni sul darkroom retreat lui mi ha risposto dopo un bel po’ e quando ho finalmente prenotato la stanza, arrivati al pagamento del deposito (metà del prezzo totale, che per una settimana è poco più di 300€, pasti inclusi) Santosh non è stato chiaro. Praticamente mi ha detto che le opzioni di pagamento erano PayPal, bonifico bancario o Transfer Wise, che io non conoscevo. Avendo io un conto Revolut, che mi permette di pagare in valute straniere senza commissioni, ho proposto quel tipo di pagamento ma lui non mi ha spiegato che, anche se la mia banca non mi trattiene commissioni, una volta che i soldi arrivano al suo conto la sua banca si tiene una percentuale. Insomma, io pago e a lui gli arriva il 6% in meno.

Poi mi fa tutto lo spiegone dicendo che Transfer Wise è più economico e che avrei risparmiato a farlo: ma perché non me l’ha detto subito? Quindi una volta arrivato sul posto ho dovuto dargli pure quel 6% che la sua banca si era mangiato (fricchettoni sì, ma ai soldi mica si rinuncia!). Quando i giorni del darkroom retreat si avvicinano, chiedo quale sarebbe stato il mio ultimo giorno dentro il dome, perché dovevo organizzarmi con un mio amico e fargli sapere quando lo avrei raggiunto a Koh Samui. Essendo sette notti, ed iniziando il 20 sera, pensavo che sarei uscito il 26 sera. Mando un messaggio a Santosh ma lui riesce solo a confondermi le idee. Alla fine dico al mio amico che ci saremmo visti il 26 sera o il 27 mattina. Poi quando vado là Santosh mi dice che potevo stare anche il 26 notte e andare via il 27: ma non poteva dirmelo subito via messaggio?

Incontro e contesto

Santosh è così gentile da venirmi a prendere all’Ananda Yoga & Detox center, dove avevo appena finito i miei 7 giorni di digiuno e pulizia dalle tossine, che ho descritto in questo articolo. Quando mi vede si presenta ma si rifiuta di darmi la mano per via del COVID-19. Già, meglio evitare i contatti fisici con gli sconosciuti. Si prende uno dei miei zaini e mi fa salire sulla moto, che è una specie di motard con una sella piccola e una volta sopra stiamo, per forza di cose, a stretto contatto fisico (della serie: viva la coerenza…). “Cominciamo bene”, mi dico. Arriviamo dopo una dozzina di minuti al suo centro. Si tratta di una struttura alquanto fatiscente e molto fricchettona, in cui vivono altre persone, fricchettoni ovviamente, insieme a lui. Mi fa lasciare la roba che non avrò bisogno di usare in quei sette giorni e poi mi accompagna al dome. Devo dire che appena arrivato ho subito percepito un’energia che non mi è piaciuta per niente, sia dall’ambiente che dalle persone. Poco male, tanto dovrò stare isolato per sette giorni al buio…

La fatiscente casa di Santosh
La fatiscente casa di Santosh
La fatiscente casa di Santosh
La fatiscente casa di Santosh

Darkroom Dome

Avendo prenotato il dome più piccolo, perché costava meno e io sono un poveraccio, non mi aspettavo certo una reggia. Ma appena mi affaccio dentro mi prende subito male: e io devo stare chiuso qua dentro per una settimana? Si tratta di un luogo angusto, caldissimo, per nulla accogliente. Il bagno è una turca (ma cose si fa anche solo a pensare di mettere una turca in una darkroom, sapendo che si farà tutto al buio? Solo un francese fricchettone poteva pensare una cosa del genere…) e la doccia è così piccola che devi stare acquattato. All’interno c’è un materasso plasticoso appoggiato al muro, da sdraiare sul pavimento quando necessito di dormire. La stanza ha il minimo indispensabile, tra cui svariate bottiglie di acqua potabile. Ci sono due tubi di aerazione con due ventole da attivare tramite due interruttori, per ricambiare l’aria della stanza. Le ventole sono estremamente rumorose e alimentate tramite pannelli solari, quindi con un’autonomia limitata.

Interno del dome
Interno del dome
Interno del dome
Interno del dome

Dopo aver parlato un po’, mi spiega come funzionano i pasti (uno shake di acqua di cocco con la polpa tritata verso le 8 e un pasto circa sei ore dopo. Il pasto è a scelta fra verdura cruda o riso integrale con verdure cotte). Lui bussa tre volte e mi dà tempo di tapparmi gli occhi, apre la prima porta e lascia il cibo, poi se ne va. Io allora mi devo fasciare la testa di modo da non vedere niente e aprire la porta interna, prendere il cibo e richiuderla. Sinceramente mi aspettavo un sistema un po’ più funzionale, che mantenesse il buio totale. Ma d’altronde si sa, si riceve quello per cui si è pagato. Il fatto che il posto fosse estremamente rustico e caldo per Santosh era un plus; più difficoltà, più ascesi, più siamo fighi. Robe sentite molte volte quando ero monaco in comunità…

Sostegno psicologico e dieta

Essendo appena uscito da un digiuno di una settimana, ho cercato di spiegare per bene a Santosh di cosa avessi bisogno da un punto di vista di dieta per reintegrare lentamente i vari alimenti. Lui se ne frega abbastanza e liquida il tutto dicendo: ti faccio le verdure crude finché non mi scrivi di cambiare (sì, c’è un block notes nella stanza con una penna, su cui scrivere messaggi per lui riguardo a qualsiasi esigenza). Gli spiego anche che mi farebbe piacere se ogni tanto si fermasse a parlare, cosa fattibile tramite il tubo di aerazione in basso. Lui si dimostra disponibile anche se mi dice che preferisce lasciare le persone sole con se stesse. Infatti quando ho provato a parlargli il primo giorno mi ha considerato zero… Mi dà anche vari consigli su come affrontare i pensieri e le difficoltà, dicendomi di rimanere osservatore di tutto, lasciare andare qualsiasi tipo di pensiero, sensazione, emozione senza identificarmi con essa (roba trita e ritrita, insomma). Lui dice di fare questi ritiri spesso e di aver fatto recentemente il suo più lungo: 4 settimane. Se fosse per lui, ci starebbe un anno intero.

La mia notte oscura

Nell’oscurità l’immaginazione lavora più attivamente che in piena luce.

Immanuel Kant

Il primo giorno…

Santosh mi lascia una torcia elettrica, dicendomi di utilizzarla per la prima mezz’ora, tanto per prendere confidenza con la stanza e i suoi oggetti, poi di riporla in una delle scatole e non usarla più. Di fatto la uso per una decina di minuti, poi la metto da parte. Devo dire che prendere confidenza con gli oggetti della casa al buio è stato molto più facile del previsto, lo stesso usare il bagno (maledetta turca!) e la doccia. Il corpo si è abituato subito. Dentro il dome i suoni sono amplificati: si sente il proprio respiro come se fosse registrato e messo in cuffia. Lo stesso vale per tutti i tipi di rumori emessi all’interno, ventole comprese. Appena spengo la luce della torcia, mi assale un senso di angoscia che si trasforma presto in ansia: oddio, devo stare chiuso qua dentro per una settimana? Fa un caldo infernale e non si respira! Accendo subito le ventole e mi sdraio. Ad altezza pavimento l’aria è leggermente meno calda. Respiro e fondo e cerco di calmarmi, ma sento il diaframma letteralmente inchiodato. Praticamente dopo i primi due pasti per rompere il digiuno, che non mi hanno dato nessun tipo di fastidio, ho pranzato e quello mi è rimasto sullo stomaco, bloccando il diaframma. 

Finché non dovevo fare niente di che non me ne ero quasi accorto, ma adesso che devo dedicarmi a questa esperienza, che si basa soprattutto sullo yoga, la respirazione la meditazione, mi rendo conto che è un grosso problema. Poi, grazie a una ex che soffriva di ansia e attacchi di panico, avevo scoperto che la digestione, quando blocca il diaframma, crea un senso di malessere fisico che va a influire anche l’umore in un modo simile all’ansia. Un po’ come se ansia e indigestione fossero due problematiche della stessa famiglia. Quindi il mio stomaco mi bloccava il diaframma creandomi anche una sensazione di ansia; a sua volta, l’ansia generata dallo stare al chiuso al buio per sette giorni mi bloccava il diaframma. Un cane che si morde la coda, insomma.

Gestione dell’ansia

Dopo una decina di minuti circa riesco a rilassarmi e un senso di tranquillità mi pervade. Dopo non molto l’ansia e l’angoscia mi tornano a visitare. Questo tira e molla è durato un po’, come se l’ansia si presentasse a ondate, tipo la marea. Ansia e angoscia di cosa? Paura del buio? No, affatto. Paura della noia. Terrore di non riuscire a passare il tempo. Fobia di non avere nulla da fare. Decido di scrivere, mi ero preparato il mio personale quaderno su un lato, con una penna. Provo a tenere il segno toccando con l’altra mano, cercando i bordi del quaderno. Non è facile ma qualcosa riesco a buttare giù. Questo mi aiuta a esternare le emozioni, farle uscire e osservarle.

Rivelazioni

Proprio quest’ansia, quest’angoscia, mi proiettano in una specie di dimensione di morte. Un po’ come se mi avessero detto: fra una settimana morirai. Improvvisamente l’ego si è disgregato in maniera quasi immediata, l’orgoglio si è sciolto come neve al sole, frantumato come lo specchio distrutto dal sasso. Tutti i rancori che portavo verso le persone che nella vita mi hanno deluso, ferito, maltrattato sono svaniti come se non fossero mai esistiti. La sofferenza che attribuivo a loro era in realtà generata da me. Non ero ferito dai loro comportamenti, non ero arrabbiato a causa di ciò che mi avevano fatto, non li rifiutavo perché non mi piacevano: semplicemente, il desiderio di essere amato e considerato da loro come voglio io, mi genera sofferenza. Loro sono diversi da come vorrei e mi possono solo dare ciò che mi hanno dato finora, e nulla più; io, come un bambino capriccioso, non lo accetto e mi arrabbio con loro dandogli la colpa. Alla fine, se di una persona non ti frega veramente niente, basta lasciarla stare e non averci più a che fare. Se uno continua a pensarci, a cercarla, ad aspettarsi qualcosa in cambio, la colpa è solo sua.

Ho così fatto immediatamente pace con la mia ex giapponese, mio fratello e addirittura la mia ex storica. Tutto in un colpo solo. Se certe persone si comportano con me in un dato modo è solo perché io glielo permetto. Tutto dipende da me. Sono io il motore di tutto. Se cambio atteggiamento, cambia la giostra intorno a me, è matematico. Ciò non vale solo per le relazioni con le persone, ma anche per tutto ciò che riguarda la tua vita: il lavoro, la famiglia, i desideri, la salute. Questa rivelazione da “morte dell’io”, per quanto banale, è stata estremamente liberatoria. Non è niente di razionale o mentale, ma ti investe da dentro come un terremoto, toccandoti fino all’interno del tuo sistema nervoso. La verità non è razionale, è come un pizzicotto che ti risveglia, dicevano i padri orientali della Chiesa.

Ascesi ed esperienze estreme

Sin da ragazzo sono sempre stato attratto dall’avventura, dall’eroismo, dalle esperienze estreme e, quando ero monaco, dall’ascesi. Digiuni, meditazioni lunghe, dormire sul duro, doccia fredda tutti i giorni per dieci anni, elemosinare il cibo, faticare lavorando come muratori con pochi mezzi, vivere in povertà, stare in castità totale per 7 lunghi anni, obbedire ciecamente alla propria guida spirituale e via dicendo (per quanto la gente creda che la castità sia una delle ascesi più dure da sostenere, l’obbedienza è di gran lunga peggiore). Quando ho lasciato la comunità monastica, ho voluto sperimentare le droghe cosiddette “enteogene”, ovvero che ti aiutano a “vedere” il Dio dentro di te. Ho cominciato con la marijuana (e sì, ho avuto diverse visioni o allucinazioni), poi l’LSD e infine l’Ayahuasca. Soprattutto l’ultima è una droga molto potente, 90 su 100 si vomita, ti genera esperienze fisiche e mistiche poderose, a volte terrificanti, a volte bellissime e beatifiche. Sono tutti mezzi estremi, che spingono con forza l’ego fuori dalla sua normale sede. Si può impazzire se non si sta attenti.

Mistica

L’esperienza della darkroom nasce dalla stessa sete di andare oltre i limiti umani, cercando quelle esperienze mistiche esasperate dalle condizioni esteriori. Vi immaginate, stimolare la pineale a produrre la DMT stando in stato di trance mistica per giorni! Il sogno di ogni psiconauta! Ecco, nel momento in cui sono entrato in quella stanza e mi ci sono chiuso, tutto questo si è disintegrato insieme al mio ego. Mi sono chiesto più volte: “Ma che cazzo mi sono messo a fare?”. Tutto questo desiderio per l’estremo, per l’ascesi spinta, che altro non è se non energia autodistruttiva irrisolta, svanita come se non mi fosse mai appartenuta. La spiritualità, la mistica, non ha nulla a che vedere con l’ascesi, la privazione, la sofferenza, l’estremo. Ciò che conta è solo l’amore: amare ed essere amati. In questo, Gesù e il primo cristianesimo avevano ragione (poi la Chiesa ha pensato bene di storpiare questo amore e rovinare tutto), così come Buddha quando parlava di compassione.

Amore

La bellezza della vita sta nella semplicità, nel vivere questa fantastica esperienza terrena con gioia, nel qui e ora, amando e ricevendo amore. E quando si parla di amore, non ha nulla a che vedere con l’amore romantico e neanche con la carità cristiana: ci si riferisce a quel sentimento/desiderio inspiegabile che ci spinge a realizzarci per ciò che siamo, al di là delle sovrastrutture che con gli anni abbiamo costruito. Questa rivelazione è stata estremamente liberatoria, mi ha tolto un grosso peso dalle spalle e dal cuore. Sono sempre stato ossessionato dalla realizzazione spirituale, quando questa non è altro che una mera illusione. Non abbiamo bisogno di nessun stupido rituale: la felicità è qui e ora, nelle piccole cose. Questa è la realizzazione massima.

La notte nella notte

Essendo entrato nella darkroom verso le 16.30-17 ho affrontato presto la notte. Non che per me ci fosse una gran differenza… Comunque, dopo che sono riuscito a domare l’ansia e a tranquillizzarmi, mi sono messo a fare un po’ di yoga ed esercizi di respirazione, per prepararmi alla meditazione. Purtroppo, a causa della poca energia per via del digiuno (e del caldo infernale), ho potuto fare poche posizioni che mi girava subito la testa. Quando mi sono messo a respirare, non riuscivo a sbloccare il diaframma in nessun modo: lo stomaco sembrava un macigno. Non potevo fare respirazioni profonde e quando ho provato a meditare era impossibile scendere in “alfa”, ovvero nello stato di dormiveglia vigile. Ho comunque alternato questo ciclo di yoga-respirazione-meditazione per un po’ di volte, sdraiandomi alla fine quando non riuscivo più a stare a sedere. Durante i momenti che ero supino, ho avuto delle specie di sogni lucidi, ovvero sogni vividi in cui ero relativamente presente, ma non troppo. Infine mi sono messo a dormire.

Sogni lucidi

Durante la notte ho fatto un sogno pazzesco. Era così vivido che sembrava reale, lo ricordo ancora con estrema chiarezza, come se fosse un fatto realmente accaduto. Mi trova fuori dalla darkroom e mi chiede cosa diavolo ci faccio. Ricordo che ero andato in paranoia dicendo: “Ma che cavolo ho fatto, perché sono uscito?” e cerco di ricordarmi come sia accaduto, senza riuscirci. Mi metto a cercare la darkroom e incontro Santosh. Gli spiego che ero uscito per sbaglio e gli chiedo di riaccompagnarmi nella stanza. Lui non dice niente e si mette a camminare. Io lo seguo e mi porta in un luogo facendomi intendere che quella era la stanza. Io entro e trovo tutta una serie di oggetti che non erano miei, tipo cavi USB. Poi mi rendo conto che la finestra era aperta e mi dico: “Ma nella mia stanza non c’era nessuna finestra!”. Tra l’altro c’erano più stanze quindi capisco che non era la mia e decido di uscire e cercarla per conto mio. Mi ritrovo in un villaggio e mi stupisco perché i due dome erano in mezzo alla giungla e il villaggio era lontano.

Mentre cammino fra le case si fa sera e a un certo punto sento una voce familiare, alzo lo sguardo e su una terrazza vedo una mia amica italiana che vive a Kuala Lumpur. E mi dico: “Ma che ci fa qua?”. Lì per lì sgattaiolo via e poi mi fermo e mi dico che non è carino non salutarla, allora torno indietro e la chiamo. Lei felicissima di vedermi mi invita a salire e io obbedisco. Era con diverse altre amiche, mi presenta una ragazza dicendomi che anche lei viveva al Galluzzo. Questa ragazza mi dice il nome (che non ricordo) e che mi conosce, io però non rammento minimamente chi fosse ma fingo di saperlo. Poi parlo con la mia amica che era molto elegante, avvolta in una giacca nera lunga. A un certo punto se la toglie e mostra un vestitino nero, elegante e molto sexy, che valorizza le sue curve. Io le faccio i complimenti per il fisico e poi mi avvicino per baciarla. Lei lì per lì sembra ricambiare poi si scansa all’ultimo minuto dicendo che non si poteva (è sposata). Allora mi prende la testa e la mette sul suo seno e io rimango stupito perché me lo ricordavo più grande. Il sogno finisce.

Altri sogni lucidi

A un certo punto mi sveglio. Vado in bagno, faccio la doccia e un po’ di esercizi di respirazione e di meditazione. Il mio diaframma è sempre bloccato e non riesco ad andare in profondità. A stare in piedi mi gira la testa. Allora mi sdraio e dopo un po’ mi addormento di nuovo. Ecco che arriva un altro sogno lucido: vedo lo schermo di un videogioco, di quelli arcade da sala giochi. C’era solo lo schermo, nient’altro. Si trattava di quei videogiochi vecchi, in cui tu guidi un’astronavina e devi sparare alle astronavi nemiche che scendono dall’alto dello schermo, mentre lo sfondo scorre sotto di te. Io muovevo l’astronave con la mente e sempre con la mente sparavo. A un certo punto cambio di prospettiva e arriva il mostro finale, ma non dall’alto, bensì da destra (la mia astronave si mette all’estrema sinistra). Il mostro era una astronave enorme (tipo gli incrociatori di Star Wars) che occupava tutto lo schermo ma aveva degli spazi vuoti in cui io potevo stare senza rischiare di morire. Intanto le torrette mi sparavano e io dovevo distruggerle tutte. Dopo un po’ il sogno si interrompe.

Ne faccio un altro in cui incontro la sorella di una mia ex, che conoscevo anche io. Lei mi dice che ha avuto da poco due gemelli, proprio come sua sorella. Prima mi dice che sono thailandesi, allora le chiedo se li ha adottati. Lei non risponde e continua a parlare a ruota libera, dicendo che in realtà erano nati attaccati (gemelli siamesi; il Siam è il vecchio nome della Thailandia). Io chiedo attaccati per cosa e lei mi risponde: “per un dito”. Poi mi dice no, per la pelle della schiena. Infine mi rivela che sulla schiena di uno c’era la colonna vertebrale e altre ossa, tipo un’ala, di un uccello. Mentre me lo dice io ho l’immagine esatta di ciò che mi sta descrivendo. Mi viene in mente la teoria del gemello scomparso, in cui in certi casi un embrione viene assorbito da un altro ma rimangono delle parti del corpo quando poi il feto nasce. Insomma, lei mi fa: “vuoi vedere le lastre?” e io dico che non ce n’è bisogno e in effetti le lastre erano identiche all’immagine che mi si era formata nella mente. Poi mi sveglio.

…e l’ultimo giorno

Riprovo a fare qualche esercizio ma non ci riesco allora attendo che arrivi la colazione (acqua di cocco con la polpa tritata). Il tempo sembra non passare mai. Dopo un’infinità finalmente Santosh arriva. Quando è fuori lo chiamo dal tubo di aerazione, perché avevo bisogno di sentire una voce amica. Lui si avvicina e mi chiede cosa c’è. Io gli chiedo che ore sono, tanto per iniziare una conversazione, lui risponde freddamente e se ne va. Grazie per il sostegno psicologico promesso… Bevo la bevanda, che è corposa, con gusto, ma lo stomaco non ne vuol sapere di digerirla. Ne bevo poca per volta, a piccolo sorsi, prendendomi lunghe pause fra un sorso e l’altro. Passo la giornata cercando di fare yoga e meditazione, ma sempre senza successo. Mi riprende l’ansia e penso costantemente a uscire. Il caldo è soffocante e accendo spesso le ventole: quando sono attive, si riesce a stare bene dentro la stanza, ma come si spengono diventa un caldo insopportabile.

Uscita dalla stanza

Dopo un tempo infinito, arriva anche il pranzo: insalata di frutta e verdura crude, con tofu fritto. Tofu fritto! Ma porca miseria, Santosh, ti ho detto che sono stato a digiuno per sette giorni e che dovevo reintrodurre i cibi lentamente (e la soia è fra gli ultimi, i fritti gli ultimi degli ultimi) e tu mi metti il tofu fritto! Siccome è buio, non lo vedo, mi tocca mangiarlo per forza. Ovviamente è tutta roba che rimane sullo stomaco. Mangio lentamente e ne lascio una bella porzione per dopo. Lotto con tutte le mie forze contro la noia, ma non ce la faccio, anche perché di forze ne ho ben poche. Alla fine decido di aprire la porta. Lo faccio a occhi chiusi, per non farmi accecare. Aspetto che gli occhi si abituino (e in realtà ci vuole ben poco) poi comincio a guardare di nuovo la stanza. Do una pulita al bagno (sì, cacare al buio in una turca è altamente sconsigliato: grazie Santosh) poi mi metto a scrivere. Rimango dentro la stanza, non ho ancora voglia di uscire, ma la luce e l’aria che entrano alleviano il senso di ansia.

Riconnessione con la realtà

Dopo un po’ passa Santosh, vede la porta (anzi le porte) aperta e mi viene a chiedere cosa succede. Io gli spiego che non mi sento bene, che non riesco a respirare e lui prima si spaventa pensando che sia a causa del virus (ma i fricchettoni non erano immuni ai virus?) e poi quando capisce che dipende dal mio digiuno cerca di tranquillizzarmi e mi dice di fare comunque un’altra notte là e che eventualmente se ne sarebbe riparlato la mattina seguente. Io però non nessuna intenzione di rinchiudermi dentro quella cazzo di stanza! Lui se ne va e dopo un po’ esco. Mangio ancora e poi cammino lentamente nei dintorni.

Vista posteriore di uno degli appartamenti
Vista posteriore di uno degli appartamenti

Fa molto caldo (erano più o meno le 16) ed essendo zona collinare ci sono molti sali scendi. Mi affatico facilmente e dopo un po’ torno al dome. Faccio un giro per la proprietà di Santosh e vedo i vari appartamenti che affitta: ci stanno dei tipi, con cui parlo, che sono tutto meno che amichevoli. Uno addirittura mi fa: io ho fatto tre giorni chiuso nella darkroom ed è andato tutto bene, tu perché non ce l’hai fatta? Ma affanculo non ti ci ha mai mandato nessuno? Avrei voluto dire io, invece provo a spiegargli che non mi sento bene, ma non so se il suo QI è sufficiente per capirlo.

I fricchettoni e l’attaccamento ai soldi

Decido di riparlare con Santosh, ormai convinto ad abbandonare del tutto e lui cerca di convincermi a restare e a riprovare di nuovo. Io però sento che non è proprio il momento giusto. L’idea iniziale era quella di dormire nella darkroom e di giorno uscire e magari aiutare Santosh e fare un po’ di vita comunitaria con questi fricchettoni, ma siccome mi stavano tutti abbondantemente sulle scatole e il posto non mi piaceva per niente ho deciso che era meglio andarsene a costo di perdere tutti i soldi e dovermi pagare un altro posto per dormire. Santosh mi fa i soliti discorsi da asceta provetto in cui mi dice che anche se sto male e soffro, chi se ne frega, stai lì e ti godi la sofferenza senza identificarti con essa (aridaje!).

Lui mi fa tutto un pippone dicendomi che recentemente si era spappolato una gamba e nonostante il dolore atroce non aveva preso nessun antidolorifico perché lui aveva staccato la mente dal dolore (ma che palle). Io per tagliare corto gli dico: Va bene, vediamo, domattina se ne riparla. Provo a chiedergli se fosse possibile riavere almeno parte dei soldi spesi indietro, visto che su sette notti ne ho fatta solo una e lui mi dice che non esiste, non si può, ormai la stanza è bloccata per una settimana, che era scritto chiaro, che lui vive di quello (non è vero, lui affitta anche degli appartamenti), etc. Io penso: certo che sei proprio bravo a staccare la mente dal dolore, ma a staccarla dai soldi invece non ti riesce proprio. Ah, questi fricchettoni! Me ne vado e l’incazzatura generata da questo dialogo surreale mi dà nuova energia e motivazione per vivere (e per levarmi di culo da quel posto infame).

Ritorno alla vita

Allora vado a farmi un giro al villaggio vicino, a piedi, trovo delle tipe che mi fanno usare la WiFi e comincio a contattare un po’ di gente, soprattutto un amico che si trovava a Koh Samui e con cui eravamo d’accordo che l’avrei raggiunto una volta finito il ritiro. Dopo un po’ torno al dome ma è ancora troppo presto: ha da passà a nuttata! Allora mi armo di torcia e vado di nuovo al villaggio. Mi trovo un ristorantino, mi ordino una zuppa e mangio di gusto, con calma. Quando è finalmente buio profondo, tipo verso le 22, rientro al dome e mi metto a dormire. Sié, mica ci riesco! Troppo caldo, troppa eccitazione. Apro le porte per far passare aria e dopo un po’ entra una zanzara. Ora, mica per la zanzara in sé, è che dentro il dome i suoni sono tutti estremamente amplificati e sembra di avere un elicottero. Dopo un po’ ne entra un’altra. Maledette! Provo a beccarle e farle fuori, ma invano. Dopo molto tempo decidono di fermarsi e alla fine riesco ad addormentarmi.

Ultime difficoltà, tanto per non farci mancare niente

La mattina mi sveglio presto e torno da Santosh e gli dico che me ne voglio andare. Lui si offre di accompagnarmi al villaggio da cui avrei potuto prendere un taxi per il porto e raggiungere il mio amico a Koh Samui. Mi prepara uno shake di acqua di cocco, polpa tritata, banana e poi senza chiedermelo ci mette il cacao. Ma cazzo, ma allora mi vuoi proprio male! Io lo bevo un po’ e siccome era tanto e non mi entrava tutto nella borraccia, mi riempio lo stomaco, sbagliando. Santosh mi porta al villaggio con la sua moto e appena salgo vengo invaso dal suo forte odore (da bravo francese da bravo fricchettone non si lava granché), arriviamo a Srithanu e aspettiamo insieme un taxi, che ovviamente non passa mai (a causa del COVID-19 l’isola si era svuotata). Dopo un po’ mi fa: va bene, ti accompagno fino al porto (ma farlo direttamente no, eh?) però devo tornare al dome perché ho lasciato il generatore acceso e non ho il telefono con me per avvertire gli altri e dirgli di spegnerlo. Quindi si torna indietro, lo aspetto per un po’ e alla fine mi accompagna fino al porto. Ciao Santosh, a non rivederci!

Una motivazione in più per essere uscito

Un altro fatto influente per la mia uscita, e lo menziono solo adesso ma ha la sua rilevante importanza, è che a me è rimasta solo mia mamma. Lei vive a Firenze, col suo compagno, e ha 76 anni. Per fortuna è in salute, ma a causa di questo COVID-19 uno rimane sempre sul chi va là. Poco prima di entrare nel dome, avevo letto la notizia che i casi di coronavirus erano esplosi anche in Toscana, soprattutto a Firenze. Effettivamente rimanere una settimana intera senza la possibilità di essere contattato da lei e avere sue notizie mi ha faceva venire un po’ di apprensione. Quindi, anche per amor suo, ho deciso che era meglio uscire e poter essere disponibile per lei, anche se a distanza, per qualsiasi evenienza.

Conclusioni

Sebbene questa esperienza sia stata apparentemente fallimentare, devo dire che invece ha funzionato alla grande. In un solo giorno di ritiro ho avuto rivelazioni favolose e fatto sogni lucidi interessanti (e speso più di 300€…). Inoltre ho capito che sono estremamente allergico ai fricchettoni (in realtà lo avevo capito da tempo) e che questi tipi di approcci estremi alla spiritualità, corredati da spiegoni pieni di ego e gara a chi ce l’ha più lungo, non fanno più per me. La sfida ora è trovare la mia dimensione spirituale e di vita, che non è facile, perché sono alternativo anche per gli alternativi (e in effetti, mi trovo meglio e ho trovato molta più spiritualità fra le persone “normali” che fra gli pseudo-mistici, fricchettoni, yogi e meditanti).

Non ho rimpianti di aver interrotto dopo solo un giorno (a parte i 300€…) anche perché il mio diaframma e la mia digestione, nonché la mancanza di energia, mi hanno infastidito per altri due giorni (per un totale di 3) e se mi fossi forzato a stare dentro avrei continuato a star male inutilmente. Parlando con la detox manager, successivamente, mi ha detto che ci vogliono almeno tre giorni per riprendersi dalla pulizia della cistifellea e del fegato. Molti di voi si chiederanno: rifaresti un’esperienza del genere, magari in condizioni di salute ottimali e in un dome in cui non si muore dal caldo (e che ha una tazza invece di una turca)? Chissà forse sì. Lo consiglierei? Sicuramente un’esperienza interessante, magari inizierei con tre giorni (che è il minimo) ma mi sceglierei un luogo migliore e soprattutto qualcuno che ti può dare un vero sostegno psicologico e non riempirti la testa di stronzate cercando di farti sentire in colpa o come se tu fossi un mentecatto.

Vi ricordo che è possibile finanziare i miei viaggi e quindi i miei articoli! Grazie!

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